sabato 11 settembre 2010

DIVIETO DI PATTO DI QUOTA LITE a Cura dell'avv.Luca Conti

Normativa di Riferimento:Il patto di quota lite è una delle novità introdotta dal d.l. 4 luglio 2006, n. 223 più noto come “Decreto Bersani” legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248 .
Definizione:Il patto di quota lite è un accordo tra l’avvocato e il cliente in base al quale si attribuisce al primo, quale compenso della sua attività professionale, una parte ovvero una quota dei beni o dei diritti in lite; oppure si ragguaglia l'onorario al valore dei beni o diritti litigiosi, in ragione di percentuale o di una determinata somma.Il patto di quota lite è sempre stato vietato.
Prima della riforma, l’art. 2233, terzo comma, c.c. stabiliva che "gli avvocati, i procuratori e i patrocinatori non possono, neppure per interposta persona, stipulare con i loro clienti alcun patto relativo ai beni che formano oggetto delle controversie affidate al loro patrocinio, sotto pena di nullità e dei danni".Dopo la riforma l'art. 2233, terzo comma, c.c. oggi stabilisce che "sono nulli, se non redatti in forma scritta, i patti conclusi tra gli avvocati ed i praticanti abilitati con i loro clienti che stabiliscono i compensi professionali". L'art. 45 del Codice deontologico forense però rimane in vigore e il “decreto Bersani” ne impone però l'adeguamento entro il 1° gennaio 2007, pena la completa perdita di efficacia delle disposizioni contrarie al nuovo assetto legislativo.
La liberalizzazione del patto di quota lite potrebbe avere conseguenze in contrasto con lo scopo rinvenibile nell'art. 2, comma 1, del D.l. ovvero quello "di assicurare agli utenti un'effettiva facoltà di scelta nell'esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato",
Risulta meritevole di particolare pregio la sentenza che segue, nel solco di un orientamento consolidato questa si propone di offrire adeguata tutela ai privati vittime loro malgrado di truffe o raggiri posti in essere in loro danno da avvocati scarsamente propensi al rispetto degli obblighi loro imposti in materia di compensi dal Codice Deontologico Forense.
La Sentenza è del Tribunale di Trento -Sezione Distaccata in Cavalese-  n°26/2010 del . 27.03.2010
In breve: Con atto di citazione TIZIO e CAIA convenivano in giudizio l’avv. SEMPRONIO, chiedendo alla A.G. che quest’ultimo fosse condannato alla restituzione a titolo di ripetizione d’indebito di una ingente somma di denaro che il convenuto stesso aveva precedentemente preteso ed incassato dagli attori a saldo di proprie pretese competenze professionali maturate nell’ambito di una causa civile di risarcimento danni conseguente ad un sinistro stradale che anni prima aveva coinvolto TIZIO e CAIA, patrocinati appunto dall’avv. SEMPRONIO.
TIZIO e CAIA sostenevano che l’avv. SEMPRONIO avesse illegittimamente preteso ed incassato una somma pari al 23% di quanto complessivamente erogato dalla Compagnia di Assicurazione a definizione della causa di risarcimento danni per capitale e rimborso delle spese di lite, somma addirittura corrispondente al 30% di quanto rimasto effettivamente nelle tasche degli attori al netto delle competenze professionali dell’avvocato. Rileva per altro che le somme incassate dall’avv. SEMPRONIO rispetto al dovuto non erano mai state portate in contabilità. Si costituiva in giudizio l’avv. SEMPRONIO sostenendo la legittimità dei propri compensi comunque eccedenti la percentuale di prassi riconosciuta dalle Assicurazioni per rimborso delle spese di lite, una legittimità a Suo dire suffragata dalla stipulazione tra le parti di un “palmario”, vale a dire di un compenso straordinario eccedente il tariffario forense motivato dalla particolare complessità della causa. (Sinteticamente, il palmario è un compenso di carattere straordinario che la parte assistita riconosce all’avvocato oltre alle singole prestazioni giudiziali nel caso specifico di un esito particolarmente positivo della controversia; tale previsione deve formare oggetto di una espressa pattuizione tra le parti [cfr. Cass. civ. Sez. II dd. 27 agosto 1985, n°4557] ed in ogni caso deve essere mantenuta entro limiti di ragionevolezza)Nel corso dell’istruzione probatoria non emergeva, tuttavia, alcun riscontro documentale dell’invocato “palmario”, mentre risultava certa la pretesa da parte dell’avv. SEMPRONIO di una percentuale pari ad oltre il 20% sulla somma risarcitoria incassata da TIZIO e CAIA nell’emarginata causa. La Sentenza del Tribunale di Trento ha condannato il convenuto SEMPRONIO a restituire agli attori a titolo di ripetizione d’indebito, quanto in precedenza pagatogli dagli attori in eccedenza rispetto alle spese legali già rimborsate dalla Compagnia di Assicurazione, oltre agli interessi legali ed alla rivalutazione monetaria dalla data di ogni pagamento effettuato a suo favore fino a saldo avvenuto.

AVV. Luca Conti (Avvocato del Foro di Trento)

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