venerdì 26 agosto 2011

NOVITA' SULLA VENDITA DELLA VOLUMETRIA

La vendita della "cubatura" (detta anche volumetria) non dovrebbe più essere un problema, da quando il Dl Sviluppo (articolo 5, comma 3) ha sancito che sono trascrivibili nei registri immobiliari «i contratti che trasferiscono i diritti edificatori comunque denominati nelle normative regionali e nei conseguenti strumenti di pianificazione territoriale, nonché nelle convenzioni urbanistiche a essi relative».
Più in generale, la norma in questione sdogana, sotto il profilo civilistico, la fattibilità concreta della pianificazione urbanistica impostata sul principio della cosiddetta "perequazione": con questo sistema, in sintesi, viene impresso a ogni metro quadrato di territorio comunale, senza distinzioni, un indice volumetrico standard, di modo che il proprietario del fondo che sia destinato a non essere edificato (perché ad esempio è un'area di uso pubblico o a verde) possa cedere la sua virtuale edificabilità a quel proprietario cui invece la pianificazione comunale consente di costruire. Realizzando in tal modo una completa equiparazione tra cittadini beneficiati dai "retini" del pianificatore comunale e cittadini invece titolari di fondi privi di capacità edificatoria. In concreto, però, l'acquirente potrà usare la volumetria se gli strumenti urbanistici comunali lo consentono: dove ci sono vincoli legati, per esempio, all'altezza degli edifici, una sopraelevazione potrebbe essere impossibile.
Prima del Dl Sviluppo, al risultato pratico di trasferire la cubatura da un fondo all'altro si giungeva mediante vari escamotage: quello più praticato era la costituzione di una servitù, mediante la quale veniva individuato come «fondo servente» quello gravato da un vincolo di inedificabilità (e cioè con il vincolo di non ospitare costruzioni di volumetria corrispondente a quella «ceduta») e come «fondo dominante» quello che acquisiva la capacità volumetrica inibita al fondo servente.
Con la costituzione della servitù si riusciva quindi a rendere pubblico, mediante la trascrizione nei Registri immobiliari, il fatto che chiunque avesse poi comprato il fondo servente avrebbe acquisito un'area priva di capacità edificatoria (quella in teoria che gli sarebbe spettata in ragione della sua superficie) e che chiunque avesse invece comprato il fondo dominante avrebbe avuto a disposizione un'area dotata, oltre che della capacità volumetrica «propria» (vale a dire quella derivante dalla propria estensione), anche della capacità volumetrica «derivata» dal fondo servente, il tutto ovviamente previo beneplacito comunale circa la possibilità di usare questa volumetria nel fondo dominante. La volumetria acquisita non deve essere legata da subito a un fondo specifico ma può restare in sospeso sino a quando il proprietario non abbia deciso quale sia il fondo nel quale sfruttarla concretamente. Non è quindi inimmaginabile uno scenario nel quale, qualora le transazioni aventi a oggetto la volumetria si facessero frequenti, si formi un vero e proprio "borsino" della volumetria, magari regolamentato, dove si possano incontrare finanzieri, intenzionati a investire in diritti volumetrici, e costruttori alla ricerca di volumetria per i propri interventi edificatori.
(SOLE24ORE 24 AGOSTO 2011)







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