lunedì 26 settembre 2011

"IL NOTARIATO CHE VORREI"

In occasione dell’ottavo Congresso Nazionale di Federnotai (tenutosi a Roma nei giorni 20 e 21   Maggio) che aveva come titolo L’accesso al notariato: dalle esperienze alle proposte”, al Neo Notaio Emanuela Elefante, le è stato assegnato il compito di parlare dell'esperienza del Concorso Notarile; dopo aver letto la relazione (inserita nel Notiziario di Luglio 2011), ho ritenuto opportuno pubblicare la stessa al fine di  condivederla con voi , cari lettori fedeli del mio blog ; la relazione del Notaio Elfante ha suscitato particolare interesse soprattutto perché riporta le sensazioni, le critiche nonchè le proposte di chi ha appena vissuto l’esperienza del concorso ed ha ottenuto, dopo molto troppo tempo, la nomina.
Buona lettura

"Il mio compito non è agevole. Questo perché non esiste un'unica esperienza concorsuale, ma tante esperienze, per quanti sono i partecipanti al concorso.
La pratica pre-concorso, lo studio affrontato, gli eventuali corsi di studio seguiti ed il concorso vero e proprio potrebbero essere raccontati da ciascuno dei 2.376 candidati del mio concorso in maniera sempre diversa, coloriti dalle emozioni, ansie, paure e gioie vissute di volta in volta da ognuno di noi. Cercherò pertanto di essere il più oggettiva possibile, ferma restando la difficoltà di tale compito.
L'elemento che forse più di ogni altro ha caratterizzato la nostra esperienza concorsuale, che accomuna me e tutti i miei colleghi, e dal quale vorrei prendere le mosse, è quello della tempistica concorsuale. Si dice che il nostro sia stato il concorso più lungo della storia del notariato... Ed in effetti basta soffermarsi un attimo sulle date per rendersi conto di quanto tempo sia trascorso:
bando luglio 2006, scritti ottobre 2007 ed oggi, che siamo nel maggio 2011, a quasi 5 anni dal bando, ancora non abbiamo avuto il sigillo. In linea astratta si potrebbe ritenere che 5 anni non siano tanti, ma se si calano questi 5 anni nella vita di un qualsiasi candidato di concorso, la prospettiva cambia.
E qui andrei nel personale: mi sono laureata nell'ottobre del 2003, da poco 22enne. Tra la pratica, biennale, all'epoca, l'attesa del bando ed i quiz, sono andata a fare gli scritti dopo 4 anni dalla laurea, a 26 anni. Questo tempo è stato abbastanza lungo, è vero, ma alla fine forse anche necessario per raggiungere un'idonea preparazione per affrontare le prove concorsuali e per prepararmi alla professione futura. Ciò che invece mi sembra assolutamente poco accettabile è stata la tempistica susseguente alle prove scritte: quasi 2 anni di attesa per i risultati degli scritti, altri 5 mesi per l'espletamento della prova orale ed infine 1 anno e 5 mesi ad oggi, per la nomina... E così ho quasi compiuto 30 anni...
Sono stata scelta per parlarvi oggi in quanto una tra le più giovani vincitrici del mio concorso... e mi è sembrato giusto richiamare la vostra attenzione su questo aspetto: sono passati quasi 8 anni dalla mia laurea e solo ora sembra vicino l'inizio della mia attività professionale.
8 anni, dai 22 ai 30, a mio avviso sono gli anni più importanti e significativi per un giovane che ripone in questo concorso infinite speranze, che deve confrontarsi quotidianamente con il mondo esterno, che deve effettuare scelte non solo professionali ma anche personali, spesso non compatibili con un'attesa così lunga.
Vi parlo da vincitrice del primo concorso, felice per il risultato raggiunto. Ma ogni tanto mi chiedo: cosa sarebbe accaduto se non avessi vinto il primo concorso? Avrei avuto la forza e la costanza di dedicare più di 10 anni della mia vita a questo concorso?... E se non mi fossi laureata a 22 anni, ma a 25, 26 o 27 anni, come accade nella maggior parte dei casi, a quanti anni avrei visto il sigillo? Ma soprattutto, mi sarei potuta permettere di studiare ancora per così tanti anni vivendo con un perenne dubbio sul mio futuro?
Ecco allora che, a mio avviso, un qualsiasi dibattito sull'accesso al notariato non può prescindere da un'esigenza fondamentale: garantire a chi comincia a studiare una "ragionevole durata del concorso".
Come realizzare tale obiettivo dovrebbe essere la meditazione del notariato di oggi, prendendo le mosse da questo congresso e cercando di individuare soluzioni concrete, anche in un’ottica di completa riforma del concorso notarile e dell’accesso allo stesso.
Una prima soluzione potrebbe essere individuata in un idoneo strumento di preselezione dei candidati. Io sono tra quelli che ha sostenuto la prova preselettiva informatica, prova tanto criticata per la sua inidoneità a valutare la reale preparazione dei candidati, in quanto essenzialmente mnemonica, ma che comunque alla fine costituiva un "filtro" per l'accesso al concorso. Non so come giudicare la sua soppressione, e la recente riforma che prevede il limite delle tre consegne. Al momento forse è troppo presto per affermare la validità di tale sistema, anche se un primo sguardo al numero dei consegnanti, sembra prospettare un risultato positivo: all'ultimo concorso hanno consegnato 1.992 candidati, che in confronto ai 2.980 del concorso precedente ed ai 2.376 del mio concorso, sono comunque un buon risultato. Meno compiti da correggere vuol dire maggiore celerità di correzione, senza ombra di dubbio; ma non so se possa affermarsi con altrettanta certezza che tra coloro che consegnano vi siano necessariamente i candidati più preparati.
Non mi sembra difatti da escludere la possibilità che un candidato, magari alla sua prima esperienza concorsuale, al termine del terzo giorno, e quindi con la tensione e la stanchezza accumulate nel corso delle prove scritte, benché di gran lunga più preparato di altri concorrenti, temendo magari di aver trascurato qualcosa o di non aver fatto tutto alla perfezione o magari anche soltanto per paura di bruciarsi una delle tre prove, possa essere indotto a non consegnare. E questo magari a vantaggio di chi, affrontando il concorso con maggiore leggerezza o spensieratezza, talvolta anche con la consapevolezza di “fare un tentativo”, si induce a consegnare i propri elaborati.
Il limite delle tre consegne ha senza dubbio dei vantaggi nell’ottica di limitazione dell’accesso al notariato, ma credo che ponga a carico del candidato un onere troppo gravoso: giudicare della propria preparazione e del contenuto dei propri elaborati, valutazione che potrebbe non essere oggettiva, perché condizionata anche da fattori esterni e che potrebbe essere differente da quella espressa da apposita Commissione chiamata a giudicare in tal senso, anche in un’ottica più ampia di confronto tra tutti i candidati.
Quale che sia la sorte del sistema delle tre consegne, che comunque non pare aver riscosso particolare consenso tra chi è ancora impegnato nello studio del concorso, credo che comunque sia opportuno, per non dire necessario, individuare uno strumento di preselezione dei candidati; e questo per far sì che arrivino a sostenere la prova scritta solo coloro che sono veramente motivati in questa scelta, oltre che preparati.
Tale esigenza mi porta a riflettere anche sul mio iter di studi, a partire dall’università e fino al concorso.Molto spesso si esce dalle università italiane con una preparazione di base sugli istituti giuridici, ben lontana dagli approfondimenti richiesti per affrontare il concorso ed ancora più lontana dall'attività notarile vera e propria. Per tale motivo forse una riforma dell’accesso al notariato potrebbe essere congegnata in modo tale da coinvolgere anche lo studio universitario, magari prevedendo l’obbligo, o anche soltanto la facoltà, di sostenere alcuni esami su materie attinenti al notariato. In tal modo un neo laureato, che si avvia ad intraprendere la strada del concorso, potrebbe avere già acquisito quelle cognizioni di base, ad esempio sulla legge notarile, sull’urbanistica, sulla tassazione degli atti, che potrebbero costituire un primo passo nella preparazione per il concorso. O ancora, in una prospettiva molto più generica, ritornando ai criteri di selezione dei candidati, si potrebbe attribuire un ruolo di preselezione al voto di laurea.
Non voglio addentrarmi troppo su tale sentiero, rischiando di sollevare numerose obiezioni, ma credo che comunque il voto di laurea, in quanto espressione più o meno fedele della propensione allo studio e della preparazione di uno studente, non possa essere escluso a priori come possibile criterio di selezione dei candidati.
E veniamo allo studio per il concorso.
Innanzitutto la pratica. Personalmente ritengo che la pratica notarile sia ancora un elemento imprescindibile per affrontare il concorso. Subito dopo la laurea ho cominciato a frequentare lo studio di un notaio che mi faceva scrivere gli atti a mano. Inizialmente la cosa mi era sembrata un po’ strana e … anacronistica.
Ma oggi non posso far altro che ringraziare quel notaio, che comunque mi ha avvicinato, con tale sistema, alle prove concorsuali ed ha posto le basi del mio studio successivo.
La pratica costituisce a mio avviso un momento di raccordo tra lo studio teorico e le problematiche quotidiane: serve a calare la teoria dei libri nella vita di ogni giorno. Per tale motivo ritengo che essa debba essere fatta in modo serio e costante, consentendo al praticante di vedere la maggior varietà possibile di atti e di avere un confronto diretto con il notaio, per chiarire eventuali dubbi e creare un confronto costruttivo. La realizzazione di ciò è rimessa, ovviamente, alla capacità individuale del singolo notaio al quale il praticante si affida, alla sua disponibilità in termini di tempo e alla varietà del suo lavoro.
In ciò è forse auspicabile uno sforzo di ogni singolo notaio per far sì che i suoi praticanti possano avvicinarsi con entusiasmo e consapevolezza alla professione, perché possano trovare nel suo studio un punto di riferimento costante ed uno stimolo per la loro crescita di studio e per arrivare al concorso veramente preparati.
E poi ci sono i corsi di preparazione al concorso.
In quanto napoletana, ho avuto la fortuna di studiare nella città che forse vanta il maggior numero di scuole di preparazione al concorso notarile, e che richiama, ancora oggi, studenti da tutta Italia. Durante i 4 anni dalla laurea al concorso, ho avuto modo di frequentare sia corsi organizzati dal Consiglio Distrettuale, sia da privati. Ho conosciuto Notai e Professori che si dedicano all’attività didattica con passione e altruismo. Ho seguito corsi gratuiti di colleghi preparatissimi, la cui unica soddisfazione era quella di confrontarsi con studenti seri e preparati, ai quali donare un po’ della loro esperienza.
E poi, con un po’ di dispiacere, ho visto nascere sempre più scuole private che cercano di preparare i candidati alle prove scritte del concorso sulla base di tracce super elaborate, piene di problematiche sia formali che teoriche, al limite del giuridicamente sensato. Si è abbandonata quella sana tradizione di uno studio di ragionamento e collegamento tra gli istituti, finalizzato a fornire all’aspirante notaio una preparazione globale e a porre le basi che gli consentano di affrontare i casi concreti che la professione, di volta in volta, gli prospetterà. Si tende a privilegiare uno studio per singole questioni, leggi speciali, casi meramente di scuola e questioni così complesse da far perdere il senso dell’orientamento. Ma ciò che mi domando è: davvero è questa la preparazione che si richiede ad un aspirante Notaio? Riuscire a risolvere in otto ore una traccia semi-impossibile corredata di motivazione e parte teorica? O non avrebbe più senso basarsi su argomenti più istituzionali, ma maggiormente aderenti alla realtà, accompagnati magari eventualmente da uno studio delle problematiche fiscali con le quali dobbiamo confrontarci ogni giorno e che in un modo o nell'altro condizionano la nostra professione?
Per tale motivo ritengo di poter esprimere un giudizio sostanzialmente positivo sulle tracce dell’ultimo concorso, così come del mio, che in fin dei conti ponevano un numero determinato di problematiche che il candidato era chiamato ad affrontare e risolvere, ma comunque lineari e congruenti, relative a fattispecie concretamente possibili nella realtà quotidiana di uno studio notarile.
Alla luce di ciò spero che i numerosi corsi di studio che oggi attirano tanti giovani aspiranti notai recepiscano questa tendenza, abbandonando vie traverse e tortuose.
E spero anche che ci sia una valorizzazione delle scuole di notariato presenti presso i Consigli Notarili Distrettuali per far sì che siano esse, in primo luogo, a formare i futuri notai, in modo possibilmente uniforme sul territorio nazionale, in modo da garantire a tutti una preparazione concreta e solida sulle problematiche notarili, senza dover andare a ricercare altrove, magari a caro prezzo, una preparazione talvolta non eccellente. In ciò l’auspicio, rivolto a tutti i colleghi che si dedicano o che desiderano dedicarsi all’insegnamento, perché possano confluire in tali scuole e perché sappiano che la stima, la riconoscenza e la gratitudine di chi ha appreso tanto da loro saranno sempre la ricompensa migliore e maggiormente gratificante.
E infine l’ultimo tassello del mosaico: il concorso vero e proprio.
Forse dal discorso che ho fatto fino ad ora, dalle critiche ai tempi eccessivamente lunghi, alle problematiche della preparazione e preselezione dei candidati, si potrebbe immaginare che io abbia una visione un po’ negativa del concorso. Ma non è così. Se ripenso ai tre giorni trascorsi all’Ergife, in fin dei conti, il bilancio non può dirsi negativo. A parte l’ansia, la paura, la lunga attesa delle tracce, il mio ricordo del concorso è sostanzialmente sereno. Ricordo un ambiente favorevole alla redazione dei compiti, una sorveglianza presente ma non invadente. Ricordo di aver fatto il mio lavoro senza essere disturbata e con quella serietà che il concorso notarile deve necessariamente avere. Anche la tipologia delle prove scritte affrontate, basate sulla redazione di un atto notarile e di una trattazione teorica, ritengo siano da condividere, in quanto idonee a valutare la preparazione di un candidato su entrambi i fronti.
Ciò che forse mi lascia un po’ perplessa riguarda, invece, la formazione di sottocommissioni per la correzione degli elaborati, così come per sostenere la prova orale. Questo perché non è da escludere che le varie sottocommissioni possano avere parametri di valutazione non sempre uguali, aprendo così la strada al rischio di giudizi differenti.
Gli eventi che di recente hanno turbato il notariato e messo in cattiva luce il concorso, spero siano un episodio isolato che mai più si ripeterà. Il nostro concorso ha sempre avuto la fama di essere uno tra i più difficili e più seri che esistano in Italia … non possiamo permetterci di perdere questa fama che ci contraddistingue come categoria e fa sì che ci siano tanti giovani ragazzi, preparati e volenterosi, che ogni giorno si avvicinano al notariato confidando nella trasparenza dell’accesso e nella serietà del concorso.
Bisogna lanciare un messaggio positivo a chi comincia a studiare per il concorso perché possa vedere soddisfatte tutte le sue aspirazioni:
-ad un concorso serio e meritocratico, in cui chi vince è davvero il più preparato;
-a delle prove giuste, lineari, che possano premiare lo studio di tanti anni e non chi, per puro caso, ha già svolto quella determinata traccia;
-ad una Commissione competente e preparata che sappia elaborare prove originali e aderenti alla realtà;
-a correzioni eque e giuste, sulla base di criteri magari predeterminati e il più possibile oggettivi;
-a dei risultati in tempi ragionevoli;
-ad un inizio dell’attività professionale il più veloce possibile, magari anche attraverso l’esperienza del coadiutorato subito dopo l’espletamento della prova orale e non solo dopo l’approvazione della graduatoria.
Per tale motivo ritengo che il tema di questo congresso sia quanto mai attuale e necessario. Necessario per cercare di comprendere quali sono i punti di criticità del sistema attuale e per approntarvi delle idonee soluzioni, a partire dalla tematica con cui ho aperto la mia relazione: la tempistica.
Un concorso che si esaurisca in tempi brevi e ragionevoli mi sembra indispensabile e anche dovuto a chi vuole svolgere questa professione, perché si possa cominciare ad esser notai giovani, con grande entusiasmo e voglia di fare, e non già stanchi per tutti gli anni passati sui libri inseguendo un sogno. Grazie."
Emanuela Elefante – notaio in Firenze

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