giovedì 7 luglio 2011

IL NOTAIO SENZA SIGILLO

Il notaio cui sono stati ritirati il sigillo notarile e la smart card per le operazioni professionali non può reiterare fatti di peculato, pertanto è illegittima la rinnovazione della custodia cautelare nei suoi confronti.
Inoltre, anche se il medesimo professionista indagato emette fatture per consulenza contrattuale o fiscale, il giudice non può adottare misure di coercizione personale, per la semplice considerazione che l'articolo 348 del codice penale (esercizio abusivo di una professione) – anche a voler prescindere da valutazioni di merito circa la natura dell'attività svolta – non consente l'adozione di misure cautelari.
I due principi sono stati affermati dalla Sesta sezione penale della Corte di Cassazione (26158/11, depositata ieri) chiamata a decidere sul ricorso di un notaio di origine emiliana con studio in Toscana. Il professionista nell'inverno scorso era stato raggiunto da un'ordinanza agli arresti domiciliari emessa dal Gip di Firenze, con l'ipotesi di accusa di peculato continuato, per essersi appropriato dell'equivalente in denaro di cambiali ricevute per la riscossione da istituti di credito. La misura, che tra l'altro seguiva una analoga dell'estate precedente, era stata confermata dal tribunale del Riesame, anche sulla base della circostanza che il notaio era reo confesso per i fatti più risalenti; non solo, il professionista aveva ripreso di fatto a lavorare grazie a due colleghi compiacenti, cui veicolava clienti e pratiche e ai quali poi fatturava asserite prestazioni di «consulenze» di vario genere.
Nella sua impugnazione il notaio aveva sottolineato che erano però venuti meno, nel frattempo, i presupposti di fatto per la reiterazione degli episodi di peculato: tra gli altri, la revoca da parte delle banche delle convenzioni relative al protesto dei titoli cambiari – che il professionista aveva incassato a ripetizione –, il ritiro del sigillo notarile e della smart card per la conclusione degli atti. Inoltre, a giudizio del ricorrente, l'attività di consulenza contrattuale e fiscale oggetto delle fatturazioni ai colleghi non poteva essere incasellata in quella tipica della professione notarile, e pertanto era errata la prospettazione giuridica della fattispecie dell'articolo 348 del codice penale (esercizio abusivo di una professione) che tra l'altro per il limite di pena edittale (fino a sei mesi di reclusione) neppure consente l'adozione di misure cautelari.
Proprio da qui è partita la Sesta penale per annullare l'ordinanza impugnata, rimarcando l'estraneità delle nuove condotte a quelle utilizzate per la misura, e sottolineando inoltre che la reiterazione dei reati propri è impossibile stanti le revoche bancarie e il ritiro di sigilli e smart card.
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