sabato 24 luglio 2010

luxury law: Alloggi in cooperativa, donazioni indirette e comunione legale



Fattispecie insolite tra principi consolidati ed eccezioni configurabili:
1. Tizio, coniugato in regime di comunione legale dei beni, acquista, da una cooperativa edilizia ed in costanza di matrimonio, un'unità immobiliare ad uso abitativo mediante atto notarile di trasferimento regolarmente trascritto. Il corrispettivo viene regolato in parte mediante versamenti effettuati prima di allora in favore della società cooperativa, in parte - per il residuo prezzo - mediante contestuale ed espresso accolto da parte di Tizio delle rate del mutuo gravante sull'immobile. A seguito della controversia insorta tra lo stesso e la moglie Caia in merito alla titolarità di detto immobile, Tizio sostiene in giudizio che l'atto di acquisto configura, in realtà, una donazione indiretta, atteso che sia la parte di prezzo versata in precedenza alla cooperativa, sia la parte di prezzo residua, regolata mediante accolto delle rate di mutuo, erano state materialmente corrisposte dal proprio defunto genitore Sempronio. Il Tribunale e la Corte d'appello respingono le istanze di Tizio, rilevando che quest'ultimo si era, in effetti, accollato a suo esclusivo carico il pagamento della maggior parte del corrispettivo (quella relativa al mutuo), mentre per una parte soltanto dell'importo complessivo risultava provato il diretto versamento da parte del de cuius in favore della cooperativa, e, segnatamente, per la parte del corrispettivo versata in epoca antecedente al rogito notarile di trasferimento. La Suprema Corte cassa la pronunzia della Corte d'appello sulla base dell'erronea valutazione da parte dei giudici di secondo grado della prova fornita dal ricorrente Tizio in merito alla circostanza che tutte le rate di mutuo erano state effettivamente pagate dal padre Sempronio, così ritenendo ascrivibile la fattispecie in oggetto nell'am bito delle donazioni indirette, soggette, come tali, alla disciplina di cui all'art. 179, lett. b) del codice civile .
La sentenza in esame rivela molteplici profili di interesse, poiché offre all'interprete lo spunto per condurre un'analisi: delle relazioni tra i principi assunti a fondamento della più recente ed ormai consolidata giurisprudenza di legittimità in merito agli acquisti di alloggi in cooperativa compiuti da un solo coniuge in regime di comunione legale e le possibili eccezioni configurabili; delle figure contermini alla donazione indiretta, a questa assimilabili, che possano giustificare tali eccezioni; dei principi giuridici che, in conformità alla lettera dell'art. 179, lett. b) c.c., consentono l'inclusione delle donazioni indirette tra i beni personali del coniuge beneficiario e che, conseguentemente, consentono di escluderle dal novero dei beni costituenti oggetto di comunione legale; dei risvolti operativi che una siffatta ricostruzione determina anche alla luce delle recenti modifiche legislative al T.u. dell'imposta sulle successioni e donazioni (d.lgs. 31 ottobre 1990 n. 346) come introdotte dall'art. 69 del collegato fiscale alla Finanziaria 2000 (l. 21 novembre 2000 n. 342).
2. Può dirsi ormai consolidato l'orientamento della Suprema Corte, secondo il quale, in tema di assegnazione di alloggi di cooperative edilizie, il momento determinante dell'acquisto della titolarità dell'immobile da parte del singolo socio - onde stabilire se il bene ricada o meno nell'ambito della comunione legale eventualmente vigente tra lo stesso ed il coniuge - è quello della stipula del contratto definitivo di trasferimento del diritto dominicale. Solo con la conclusione di tale negozio, infatti, il socio acquista irrevocabilmente la proprietà dell'alloggio, mentre la semplice «prenotazione» in tale veste dell'alloggio stesso si pone come mero esercizio di un diritto connesso allo status di socio, da far valere nei confronti della cooperativa e dunque inidoneo, come tale, a formare oggetto della communio incidens familiare
Com'è noto, la tematica degli acquisti di alloggi da parte di soci di cooperative edilizie ha dato luogo, in riferimento all'oggetto della comunione legale, a problematiche differenti, ancorché tra loro connesse. Bisogna, infatti, distinguere le questioni poste dalla qualificazione del rapporto sociale che intercorre tra la cooperativa ed il socio sin dall'iscrizione di questi alla società, dalle questioni inerenti alla ricomprensione nell'ambito del regime di comunione legale dell'alloggio, il cui trasferimento al socio sia avvenuto in costanza di matrimonio. In ordine alle prime, deve ritenersi ormai consolidato, in dottrina come in giurisprudenza, l'orientamento secondo il quale la partecipazione del socio alla cooperativa abbia carattere personale  la partecipazione si caratterizza, cioè, per essere fondata su determinati requisiti essenziali del socio, che debbono permanere in capo ad esso sino all'atto definitivo di trasferimento della proprietà dell'alloggio. Dal carattere intuitu personae della partecipazione sociale deriva poi l'impossibilità di applicare all'acquisto di quota di società cooperativa l'art. 177, lett. a) c.c., anche quando tale partecipazione sia incorporata e rappresentata da titoli azionari: ciò perché soltanto il socio ha diritto di beneficiare del vantaggio cooperativo, mentre la comunione legale rimane del tutto al di fuori del rapporto sociale che si instaura ed intercorre, sino al trasferimento dell'alloggio, esclusivamente tra la cooperativa ed il socio .
In ordine alle seconde è, invece, consolidato, come si diceva, l'orientamento volto a ricomprendere nell'ambito della comunione legale l'alloggio cooperativo il cui trasferimento sia avvenuto in costanza di matrimonio. Definitivamente confutate le teorie che avanzavano dubbi circa possibili disarmonie tra la disciplina della comunione legale e la disciplina legislativa in materia di cooperative edilizie .
È bene tuttavia precisare che nelle cooperative edilizie a proprietà individuale fruenti del contributo statale l'assegnazione definitiva e l'acquisto della proprietà dell'immobile coincidono con la stipulazione davanti ad un notaio del mutuo edilizio individuale (art. 229 r.d. 28 aprile 1938 n. 1165).
l'attenzione di dottrina e giurisprudenza si è concentrata, ai fini dell'applicazione del meccanismo acquisitivo di cui all'art. 177, lett. a) c.c., sullo studio del complesso procedimento volto al trasferimento dell'alloggio cooperativo e delle formalità ad esso connesse. Il procedimento, che muove dall'ammissione del socio alla cooperativa, prosegue con le fasi intermedie della prenotazione - secondo una precisa graduatoria - degli alloggi da attribuire ai singoli soci e dell'assegnazione provvisoria in godimento ai soci stessi, e si conclude con la fase finale della stipulazione del rogito notarile di trasferimento della proprietà dell'immobile al socio assegnatario, dà luogo, secondo l'opinione prevalente, a meri diritti di credito facenti capo a quest'ultimo, ad eccezione della fase finale volta al trasferimento del diritto dominicale vero e proprio. Attese la natura personale della partecipazione alla cooperativa e l'esclusione dei relativi diritti di credito dall'oggetto della comunione legale .
3. Tale impostazione, senz'altro condivisibile nelle linee generali, rischia, tuttavia, di omologare nell'ambito di un'unitaria ricostruzione interpretativa fattispecie in apparenza analoghe, ma in effetti differenti, avuto riguardo, soprattutto, agli aspetti genetico-funzionali delle stesse. Senza alcuna pretesa di essere esaustivi, si considerino le seguenti ipotesi:
a) che l'acquisto dell'alloggio cooperativo, pur verificatosi in costanza di matrimonio ed in regime di comunione legale, abbia trovato origine nell'acquisto della quota sociale da parte del coniuge-socio per effetto di trasmissione iure haereditario o per atto inter vivos;
b) che l'acquisto dell'alloggio sia avvenuto attraverso l'erogazione delle somme necessarie da parte di un terzo e dunque, ad esempio, attraverso l'erogazione, interamente da parte del genitore del coniuge acquirente ed a titolo di liberalità, delle somme relative al pagamento della quota sociale e delle somme relative al pagamento di eventuali rate di mutuo;
c) che, infine, l'acquisto dell'alloggio sia avvenuto in forza di una fattispecie complessa - teleologicamente preordinata all'effettuazione della donazione dell'alloggio stesso - originatasi dalla rinunzia alla quota sociale da parte del socio titolare (che già aveva provveduto al pagamento di alcune rate), al quale sia subentrato, avendone i requisiti e con il consenso degli organi della cooperativa, il beneficiario, proseguita poi con l'assegnazione dell'alloggio in favore di quest'ultimo e perfezionatasi, dopo il matrimonio, con il trasferimento definitivo dell'immobile da parte della cooperativa in capo al medesimo, il quale provveda, altresì, al saldo degli importi ancora dovuti, o mediante pagamento delle residue rate relative alla quota sociale, o mediante accollo del mutuo residuo.
Quanto al punto sub a), nulla quaestio: la vicenda inerente al trasferimento della quota sociale, sia per atto inter vivos, ai sensi degli artt. 2523 ss. c.c., che iure haereditario, ai sensi dell'art. 2528 c.c., assume rilievo esclusivamente sotto il profilo della legittimazione soggettiva nei confronti dell'ente, senza spiegare alcuna influenza ai fini dell'individuazione, quoad tempus, dell'effetto traslativo relativo all'immobile  (sul punto, Cass. 12 maggio 1998 n. 4757, in Fam. dir., 1998, 569 ss. Sui trasferimenti mortis causa della partecipazione sociale, v. Ieva, Manuale di tecnica testamentaria, Padova, 1996, 109 ss., e Bassi, Delle cooperative e delle mutue assicuratrici, ne Il codice civile, Commentario, diretto da P. Schlesinger, Milano, 1988, 659 ss. Per una panoramica della giurisprudenza di legittimità e di merito sui trasferimenti inter vivos delle quote di società cooperative, v., per tutti, Marziale, Codice delle società, sub art. 2523, Milano, 1999, 1090 ss.)
 Per determinare, quindi, se l'immobile acquistato ricada o meno in comunione legale non si potrà che avere riguardo al tempo della stipula dell'atto definitivo di trasferimento, secondo i criteri generali ed ormai consolidati sopra appena esposti. Ben più complesse sono invero le altre ipotesi.
Quanto alla fattispecie sub b), nel caso in cui un soggetto abbia erogato il denaro necessario per l'acquisto di un immobile in capo al beneficiario, quale, ad esempio, il proprio figlio, si deve distinguere - com'è noto - il caso della donazione diretta del denaro, in cui oggetto della liberalità rimane quest'ultimo, da quello in cui il denaro sia fornito quale mezzo per l'acquisto dell'immobile, che costituisce il fine ultimo della donazione. È ormai consolidato, come dimostra la pronunzia in esame, l'orientamento secondo il quale, in tale seconda ipotesi, il collegamento tra l'elargizione del denaro da parte di un terzo e l'acquisto del bene immobile porta a ritenere che si sia in presenza di una donazione indiretta dell'immobile stesso e non del denaro impiegato per il suo acquisto.
(Al riguardo, per tutte, v. Cass. sez. un. 5 agosto 1992 n. 928, in Giust. civ., 1992, I, 2991, ed in Foro it., 1993, I, 1544.)
Ne consegue che, in tal caso, il bene acquistato successivamente al matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale rimane escluso da detto regime, ai sensi dell'art. 179, lett. b) c.c., senza che il comportamento del donante debba necessariamente articolarsi in attività tipiche. È, a tal fine, sufficiente, infatti, la dimostrazione del collegamento tra il negozio-mezzo e l'arricchimento di uno dei coniugi per spirito di liberalità ...(V., da ultimo, Cass. 14 dicembre 2000 n. 15778, in Guida al diritto, 27 gennaio 2001, 3, 43 ss., ed in I contratti, 2001, 113 ss. Più risalenti, Cass. 8 maggio 1998 n. 4680, in Fam. dir., 1998, 323 ss.; Cass. 15 novembre 1997 n. 11327, in I contratti, 1998, 242 ss.; Cass. 25 ottobre 1996 n. 9307, in Riv. not., 1997, 826 ss. Per riferimenti dottrinali, v. Russo, L'oggetto della comunione legale e i beni personali artt. 177-179, Milano, 1999; Bonilini, Manuale di diritto di famiglia, Torino, 1998, 121 ss.; Gioia, Donazione indiretta: liberalità o acquisto in comunione?, in Fam. dir., 1998, 323 ss.; Basini, Donazione indiretta e applicabilità dell'art. 179 lett. b ) codice civile, in I contratti, 1998, 242 ss. )
Quando risulti documentalmente provato, dunque, il diretto ed integrale versamento alla cooperativa da parte di un terzo delle somme necessarie per l'acquisto dell'immobile, ovvero il versamento da parte di quest'ultimo delle rate dell'eventuale mutuo stipulato dal socio acquirente, configurando tale fattispecie una donazione indiretta, non può darsi alcun rilievo alla circostanza che l'atto pubblico di trasferimento del bene dalla cooperativa al socio sia avvenuto in costanza di matrimonio ed in regime di comunione legale, poiché detto acquisto - avente ad oggetto l'immobile e non il denaro - resterà escluso dall'ambito di applicazione dell'art. 177, lett. a) c.c. e, quindi, escluso dal novero dei beni costituenti oggetto di comunione legale. Al contrario, esso sarà soggetto alla disciplina di cui all'art. 179, lett. b) c.c. e cioè alla disciplina dettata per i beni personali di ciascun coniuge quando questi siano acquistati per effetto di donazione o successione . (Invero, se oggetto della liberalità indiretta fosse considerato il denaro e non il bene con esso acquistato, l'applicabilità dell'art. 179, comma 1, lett. b) c.c. sarebbe esclusa in radice poiché il bene acquistato diverrebbe inevitabilmente comune. In merito ai rapporti tra l'art. 179, lett. b) e l'art. 179, lett. f) c.c., riguardo alle dichiarazioni da rendere in sede di stipula dell'atto pubblico di acquisto, la Suprema Corte, pur non giungendo ad equiparare in toto il prezzo del trasferimento di beni personali al denaro eventualmente ottenuto a titolo di donazione, ancorché indiretta, dal coniuge acquirente, ha tuttavia ammesso il ricorrere di una donazione quando essa sia dimostrabile aliunde, a prescindere dalla dichiarazione de qua: Cass. 25 ottobre 1996 n. 9307, in Riv. not., 1997, 826 ss.)
L'ipotesi sub c) è, senz'altro, la più complessa. All'intento liberale di arricchire della proprietà dell'immobile il socio subingrediente si accompagna il pagamento da parte di quest'ultimo di parte del corrispettivo, o attraverso la corresponsione di alcune rate relative alla quota sociale, ovvero attraverso il pagamento di tutte o alcune delle rate del mutuo che fosse stato eventualmente stipulato e da quest'ultimo accollato. Per i caratteri che la connotano, tale fattispecie appare sussumibile sì sotto l'istituto della donazione indiretta, ma quale negotium mixtum cum donatione .(V., in senso conforme, Cass. 21 gennaio 2000 n. 642, in Il notariato, 2000, 514 ss., ed in particolare, sulla qualificazione del negotium mixtum cum donatione come donazione indiretta e sull'esclusione delle donazioni indirette dalla comunione legale, la recentissima Cass. 14 dicembre 2000 n. 15778, in I contratti, 2001, 113 ss.)
Più specificamente, per quanto riguarda l'aspetto liberale della fattispecie, sotto quel particolare schema negoziale che è la rinunzia abdicativa in favore del terzo a scopo di liberalità.
Figura negoziale generalmente ammessa dalla prevalente dottrina anche riguardo ai diritti di credito ( Per un'ampia rassegna sull'argomento, v. Azzariti, Le successioni e le donazioni, Napoli, 1990, 851 ss., e Bulgarelli, Gli atti dispositivi della legittima, in Il notariato, 2000, 495 ss. )
Essa si configura quale possibile forma di liberalità indiretta allorquando ricorrano i seguenti requisiti: quando si tratti di mero negozio unilaterale volto alla astensione dall'acquisto di un diritto, pur quando tale astensione sia dettata da spirito di liberalità nei riguardi di un'altra determinata persona; deve, dunque, trattarsi di rinunzia avente natura contrattuale, la quale richiederà o meno l'accettazione della controparte a seconda che vi sia o meno reciprocità di obbligazioni: qualora, infatti, tale reciprocità non si configuri, si sarà in presenza di un contratto unilaterale con obbligazioni del solo proponente, che si perfezionerà nei modi e nei termini previsti dall'art. 1333 c.c.; quando il diritto oggetto di rinunzia sia già stato acquisito dal rinunziante, e ciò in ossequio alla definizione stessa del contratto di donazione ai sensi dell'art. 769 c.c.
Non v'è dubbio che l'intento del donante di arricchire il beneficiario del diritto dominicale sull'alloggio cooperativo, perseguito manifestando nei riguardi della cooperativa la volontà di recedervi perché, nullo iure cogente, in ogni diritto subentri il donatario, non soltanto presenti tutti i caratteri della rinunzia a scopo di liberalità, ma integri anche la diversa figura del contratto in favore del terzo . Figura negoziale, quest'ultima, che ad unanime giudizio della dottrina può essere applicata a qualsiasi tipo di contratto , tipico o atipico, dunque anche alla fattispecie in oggetto (V., sul punto, Commentario al codice civile, diretto da Cendon, IV, Torino, 1997, sub art. 1411).
Appare evidente, allora, che anche in tal caso l'atto definitivo di acquisto da parte del coniuge non possa essere ricondotto, sic et simpliciter, all'ordinaria ipotesi di acquisto di alloggio in cooperativa, nella quale rilevi, ai fini dell'applicazione della disciplina della comunione legale, il tempo della stipulazione, ma che esso si configuri, piuttosto, quale momento meramente esecutivo e formale - ancorché necessario ai fini della trascrizione nei registri immobiliari - di una fattispecie complessa, con aspetti ed effetti in parte onerosi ed in parte gratuiti, che per le ragioni di cui infra può ben essere inquadrata tra i negozi misti a donazione.
4. È opinione prevalente che ricorra un negozio misto a donazione allorquando in un contratto sinallagmatico una parte, al fine programmato di arricchire dell'eccedenza la controparte, riceva un'attribuzione patrimoniale di valore inferiore a quella cui risulti, a propria volta, tenuta (Per tutti, v. Carnevali, Le donazioni, in Tratt. dir. priv., diretto da P. Rescigno, vol. VI, Torino, 1997, 571 ss., per il quale « si ha donazione mista, o negotium mixtum cum donatione, quando in un contratto a prestazioni corrispettive viene innestato uno scopo liberale, sì che nella stessa operazione economica concorrono simultaneamente due cause, quella onerosa e quella gratuita».
(Sul punto, cfr. anche Torrente, La donazione, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da A. Cicu e F. Messineo, 1956, 43 ss.; Capozzi, Successioni e donazioni, Milano, 1983, 885 ss.; Caredda, Le liberalità diverse dalla donazione, Torino, 1996, 148 ss.; Rubino, La compravendita, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da A. Cicu e F. Messineo, Milano, 1971, 269 ss.; Bianca, La vendita e la permuta , in Tratt. dir. civ., diretto da F. Vassalli, I, Torino, 1993, 68 ss.; Id., Il contratto , Diritto civile, III, Milano, 2000, 480 ss.; Palazzo, Atti gratuiti e donazioni, in Tratt. dir. civ., diretto da R. Sacco, I singoli contratti, II, Torino, 2000, 75 ss.)


In via ordinaria si ritiene, dunque, che il contratto - tipo sul quale si possa innestare il profilo liberale debba essere un contratto a prestazioni corrispettive, ancorché aleatorie
La dottrina più recente, tuttavia, pare incline a ravvisare ipotesi di negozi misti a donazione anche in contratti la cui natura sinallagmatica è incerta, quali, ad esempio, il contratto di società di persone o la divisione contrattuale .. Si pensi al caso in cui si stabilisca, a vantaggio di un socio, una partecipazione sociale maggiore di quella alla quale avrebbe diritto in base al valore del suo conferimento (o, viceversa, una partecipazione minore, ovvero una partecipazione proporzionale al conferimento, che perè è sovrastimato o sottostimato; e così pure, nella divisione contrattuale, al caso in cui ad uno dei condividenti venga attribuita una porzione maggiore di quella cui avrebbe diritto in base alla quota di sua spettanza.
 Per quanto in questa sede interessa, pur volendo prescindere dalla questione dogmatico-interpretativa della riconducibilità ai negozi misti a donazione di figure negoziali prive, in tutto o in parte, del carattere sinallagmatico ed al di là di ogni intento meramente classificatorio, ciò che rileva, è che tali contratti realizzino pur sempre uno scambio qualificato dalla circostanza che una delle parti possa ricevere (eventualmente a titolo di liberalità) più di quanto le spetti, essendo caratteristica della figura in esame la presenza nel contratto di uno squilibrio tra le prestazioni che le parti reciprocamente si scambiano.
Pur tuttavia, la sproporzione oggettiva delle prestazioni è soltanto uno degli elementi utili perché l'interprete possa valutare il reale significato che il contratto assume tra le parti. Atteso che l'ordinamento positivo - nel rispetto del potere di autoregolamentazione dei privati - omette, in via di principio, di occuparsi dell'originario equilibrio economico del contratto e, quando se ne occupa, ciò avviene sempre per specifiche ragioni volte, per lo più, ad evitare o rimediare gli abusi dell'autonomia privata (si pensi alla rescissione, al patto leonino, o alle clausole abusive), è dalla complessiva valutazione del programma negoziale che emergerà la sua reale causa, la giustificazione causale delle reciproche attribuzioni, e, dunque, la qualificazione stessa del contratto . Ci si troverà, pertanto, di fronte ad un contratto a prestazioni corrispettive quando dal complesso delle pattuizioni risulti che quel che giustifica l'attribuzione squilibrata di una parte, sia esclusivamente la controprestazione.
 Si consideri, ad esempio, l'ipotesi di una impresa che venda i propri prodotti ad un prezzo significativamente inferiore a quello di mercato, ma superiore al costo di produzione, allo scopo di battere la concorrenza e di conseguire così maggiori guadagni.
Si avrà poi donazione modale quando - nell'ottica assunta dalle parti - ricorra soltanto lo spirito di liberalità e la prestazione cui è tenuto il beneficiario a favore del beneficiante, costituisca una mera limitazione dell'attribuzione gratuita, in quanto posta dalle parti su di un piano secondario rispetto a quella principale del donante; si verserà, infine, in una fattispecie di donazione mista quando emergerà il consapevole intento - accettato dall'altra parte - di realizzare a favore di quest'ultima una parziale liberalità.
A tal proposito si deve rilevare che il termine «parziale» non deve intendersi sotto un profilo esclusivamente economico, ma anche giuridico, avuto riguardo, in particolare, al profilo causale del negozio de quo. L'interprete, cioè, sarà chiamato, di volta in volta, a valutare l'eventuale concorrenza, nell'ambito dell'unico negozio e per espresso o altrimenti desumibile volere delle parti, del sinallagma, così come dell'intento liberale, nel senso che egli sarà chiamato a considerare se l'attribuzione oggetto del negozio sia diretta a realizzare non solo uno scambio, ma anche una liberalità.
Se, pertanto, lo squilibrio tra le prestazioni potrà costituire ordinario sintomo della volontà delle parti di dar luogo ad un negozio misto a donazione, qualora tale squilibrio non sia rilevabile e il negozio presenti al contempo - perché posti dalle parti su uno stesso piano di rilevanza - sia i caratteri tipici del negozio oneroso, sia i caratteri tipici del negozio liberale, l'interprete sarà legittimato a sussumere, se del caso, quel negozio nell'ambito delle donazioni miste .
Tornando ora all'esame della fattispecie delineata al punto c) del paragrafo precedente, non v'è dubbio che la rinunzia alla quota sociale da parte dell'originario titolare perché in suo luogo vi subentri colui che nelle intenzioni del primo debba essere il donatario, si badi bene, non della quota ma dell'alloggio, e sia che tale rinunzia venga accompagnata dal pagamento da parte del donante - per la maggior quota - delle somme necessarie all'acquisto, sia che detto pagamento sia ripartito, senza squilibrio di prestazioni, tra donante e beneficiario, integri gli estremi del negozio misto a donazione, attesa la concorrenza, a tal fine parimenti rilevante, della causa onerosa e della causa liberale. Qualificata la fattispecie de qua come rinunzia abdicativa in favore del terzo a scopo di liberalità e ricorrendo gli altri requisiti di cui all'art. 1411 c.c., quali la stipulazione in favore del terzo e l'interesse dello stipulante, la sussunzione della stessa tra le donazioni miste e l'adesione del terzo a detto schema negoziale mediante assunzione da parte di questi di un onere economico più o meno gravoso, comunque conseguente al suo subingresso nella titolarità della quota sociale e, dunque, tale da non costituire certo «nuova obbligazione», consentono di rispettare e mantenere inalterati gli effetti favorevoli che lo stipulante intendeva produrre nei suoi riguardi, senza che tali effetti risultino subordinati a tale adesione e perciò condizionati .( In tal senso, v. Carresi, Il contratto , in Tratt. dir. civ. e comm., a cura di A. Cicu e F. Messineo, Milano, 1987, 305 ss.; Trimarchi, Il contratto in favore del terzo , in Il notariato, 2000, 579.)
5. Qualora l'acquisto di alloggio cooperativo da parte di un coniuge in regime di comunione legale avvenga a seguito dell'ingresso di questi nella compagine sociale ab initio, ovvero per aver acquistato la quota in epoca successiva per atto inter vivos o mortis causa ed il rogito notarile di trasferimento venga stipulato dopo il matrimonio in costanza di detto regime, l'immobile cadrà, dunque, in comunione legale ai sensi e per gli effetti dell'art. 177, lett. a) c.c. In tal caso, tuttavia, qualora l'acquisto avvenga a norma dell'art. 179, lett. f) c.c. e cioè mediante il prezzo del trasferimento o lo scambio di beni personali ai sensi dello stesso art. 179, le dichiarazioni ivi previste da rendere in atto consentiranno al coniuge acquirente di includere tra i propri beni personali anche l'immobile acquistato. Qualora, invece, l'alloggio venga acquistato per effetto di donazione indiretta, si tratti di donazione indiretta tout court, così come di negotium mixtum cum donatione, nonostante il rogito notarile di trasferimento venga stipulato dal coniuge acquirente dopo il matrimonio ed in costanza di comunione legale, l'alloggio costituirà suo bene personale ai sensi dell'art. 179 lett. b). In effetti, l'estensione alle donazioni indirette della disciplina di cui all'art. 179 lett. ) - ammessa dalla dottrina e dalla giurisprudenza prevalenti - ha creato sino ad oggi non pochi problemi agli operatori del diritto a causa del fatto che dal c.d. negozio-mezzo (ad. es., una compravendita) difficilmente era dato desumere, in assenza di un'apposita previsione normativa a tale riguardo, l'esistenza di una liberalità
La sentenza in esame, oltre che costituire la prima pronunzia sul tema delle donazioni indirette di alloggio in cooperativa acquistato in regime di comunione legale, giunge all'indomani di importantissime riforme legislative introdotte al Testo unico dell'imposta sulle successioni e donazioni (d.lgs. 31 ottobre 1990 n. 346) dall'art. 69 del collegato fiscale alla Finanziaria 2000 (legge 21 novembre 2000 n. 342). La riforma attua l'intenzione del legislatore di tassare anche le liberalità indirette, fatta eccezione per gli atti relativi al trasferimento di diritti reali immobiliari, ovvero al trasferimento di aziende quando per tali atti sia già prevista l'applicazione dell'imposta di registro in modo proporzionale, o dell'imposta sul valore aggiunto.
L'accertamento delle liberalità diverse dalle donazioni - ed è ciò che ai nostri fini più rileva - può essere effettuato nelle ipotesi in cui la loro esistenza risulti da dichiarazioni dell'interessato nell'ambito di procedimenti di accertamento e quando tali liberalità abbiano determinato un incremento patrimoniale superiore a 350 milioni, senza che a tali fattispecie si applichi, pertanto, la presunzione di liberalità prevista dall'art. 26, comma 1 del Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131. Di conseguenza, alla luce di tali riforme, per gli acquisti immobiliari finanziati da terzi sarà possibile dichiarare in atto la relativa circostanza. Al fine di rendere palesi tutti i rapporti economici sottesi all'acquisto, ora la parte acquirente potrà chiedere al notaio di inserire in atto una dichiarazione dalla quale risulti che la dotazione finanziaria necessaria sia stata fornita da un altro soggetto, oppure potrà chiedere al notaio di far intervenire il donante al fine di far rendere direttamente a quest'ultimo la relativa dichiarazione. Questa, oltre ad offrire il vantaggio di rendere inapplicabile l'imposta sulle donazioni alle liberalità indirette relative ad immobili o aziende già assoggettate all'imposta proporzionale di registro o all'Iva, consentirà di fugare e di risolvere ab initio ogni incertezza relativa alla titolarità del bene ed alla sua eventuale soggezione al regime di comunione legale, in quanto, se in adesione alla condivisibile soluzione adottata dalla Suprema Corte nella pronunzia in esame si estende l'art. 179, lett. b) c.c. alle donazioni indirette e si reputa il bene così acquistato quale bene personale del coniuge acquirente, consentirà finalmente di escluderlo dal novero dei beni oggetto di comunione legale già al momento della stipula del rogito notarile di acquisto.


Fonte :Rivista di Diritto di famiglia 2001, 3, 944 Giuffrè Milano

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